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I segreti del Backmasking: messaggi subliminali nella musica

I segreti del Backmasking: messaggi subliminali nella musica

I segreti del Backmasking: messaggi subliminali nella musica

Hai mai sentito parlare del misterioso fenomeno del backmasking? No? Allora in questo articolo, esploreremo questa intrigante tecnica musicale attraverso alcuni esempi celebri del suo utilizzo.
Se sei appassionato di musica, potresti già avere una vaga idea di cosa si tratti, ma facciamo chiarezza. Cos’è esattamente il backmasking?
Il backmasking, o backward masking, è una tecnica di registrazione audio che permette di incidere suoni al contrario. Questa tecnica non è recente, risalendo addirittura alla fine del XIX secolo, e viene attribuita all’inventore statunitense Thomas Edison. Tuttavia, è diventata famosa in tempi più recenti con l’ascesa del rock, alimentando teorie complottiste secondo cui gli artisti la utilizzavano per inserire messaggi subliminali nelle loro canzoni. Per ascoltarli nel backmasking, è necessario riprodurre il brano al contrario attraverso l’utilizzo di software di editing audio che permettono di invertire la traccia sonora. Ricorda che l’interpretazione dei suoni ascoltati al contrario è molto soggettiva e non ci sono prove scientifiche che confermano l’efficacia dei messaggi subliminali.

Uno dei casi più eclatanti che coinvolse la tecnica del backmasking portò i membri dei Judas Priest in tribunale con l’accusa di satanismo per il brano Better by you better than me.

Tutto ebbe inizio con il tentato suicidio di due adolescenti: uno purtroppo perse la vita, mentre l’altro sopravvisse ed accusò la canzone di averlo ipnotizzato, portandolo a compiere azioni contro la propria volontà. Le parole finali del brano, “Do it!” (“Fallo!”), insieme alla copertina dell’album raffigurante quella che sembrava una pallottola conficcata nella testa di un uomo, acquisirono un significato inquietante per i genitori che decisero di denunciare i Judas Priest.

Nel corso del processo avvenuto nel 1990, la band venne però scagionata da ogni imputazione.
Il magistrato concluse che ciò che era stato interpretato come un messaggio occulto non era in realtà che un insieme fortuito di rumori e termini, e mancavano evidenze concrete che attestassero l’intenzione del gruppo di celare messaggi subliminali all’interno del brano.

Un altro esempio di famoso backmasking nella storia della musica ce lo forniscono i Led Zeppelin. Il loro celeberrimo brano “Stairway to Heaven” ha suscitato numerose polemiche per la presunta presenza di messaggi satanici nascosti, udibili solo ascoltando la canzone al contrario:

“Oh here’s my sweet Satan, the one little path won’t make me sad, whose power is saint… he’ll give growth giving you six-six-six… a little tool shed he’ll make us suffer sadly”. (“Oh ecco il mio dolce Satana, la cui unica piccola via non mi renderà triste, il cui potere è sacro…egli ti darà forza dandoti il 666… in una piccola baracca di attrezzi ci farà soffrire tristemente”.)

Anche i Queen furono al centro di critiche simili con il loro singolo del 1980, “Another One Bites the Dust”. Si sostiene che ascoltando il ritornello al contrario, si possa sentire il messaggio “Start to smoke marijuana” (“Inizia a fumare marijuana”), causando sconcerto tra il pubblico più conservatore.

Si dice che i Beatles furono tra i pionieri nell’uso del backmasking per rendere i loro brani più interessanti. Un esempio è “Rain”, il lato B del singolo “Paperback Writer” del maggio 1966, dove la voce di John Lennon è stata registrata al contrario, cosa che conferisce alla canzone una sonorità distintiva e originale. Esistono anche teorie più oscure riguardanti i Beatles, che avrebbero inserito riferimenti alla presunta morte di Paul McCartney nei loro brani, udibili solo al contrario. In “Revolution #9”, dal celebre “White Album”, sembra che ci sia un messaggio subliminale che, ascoltato al contrario, recita “Turn me on, deadman”, (Accendimi uomo morto) riferito appunto a McCartney.

Negli anni ’70, la popolarità del backmasking crebbe tanto da spingere molti appassionati a trascorrere ore ad ascoltare registrazioni al contrario per trovare messaggi nascosti.
Alcune band, come i Pink Floyd, usarono questa tecnica con ironia. Nel brano “Empty Spaces” del 1979, contenuto in “The Wall”, si sente un messaggio che diventa comprensibile solo se ascoltato al contrario:

“Congratulations, you have just discovered the secret message. Please send your answer to ‘Old Pink’, Care of the funny farm, Chalfont…”

“Congratulazioni, hai appena scoperto il messaggio segreto.
Per favore invia la tua risposta a ‘Old Pink’,
La cura della fattoria divertente, Chalfont…” (detto da Roger)
(La voce di Waters è interrotta)
“Roger, Caroline è al telefono…” (voce sconosciuta)

Un esempio più recente di backmasking è il brano “Lucifer” del 2003 del rapper Jay-Z. Alcune teorie del complotto collegano Jay-Z a sette massoniche e satanismo, e si dice che il suo brano nasconda messaggi satanici come “666 murder, murder Jesus, 666” (“666 uccidere, uccidere Gesù, 666”).

In Italia, un esempio di utilizzo del backmasking si trova nel singolo del 1998 di Franco Battiato, “Shock in My Town”, che contiene un messaggio subliminale: “Di amminoacidi. Nelle mie orbite si scontrano tribù di sub-urbani, di amminoacidi”, coerente con il tema della canzone sulla degenerazione urbana causata dall’uso di droghe.

Questi sono solo alcuni esempi che dimostrano come il backmasking abbia affascinato e, allo stesso tempo, allarmato gli ascoltatori di diverse generazioni. Dall’innocente sperimentazione musicale alla controversia pubblica, il backmasking ha rappresentato un misterioso e spesso frainteso capitolo nella storia della musica. Che si tratti di un’ironica trovata artistica o di una potente suggestione, una cosa è certa: questa tecnica continua a incuriosire e a stimolare dibattiti. Con l’evoluzione della tecnologia e delle tecniche di registrazione, chissà quali altre sorprese il mondo della musica ci riserverà in futuro.