Composizioni Sonia Piasentin

Curiosità

I segreti oscuri degli strumenti musicali

I segreti oscuri degli strumenti musicali

I segreti oscuri degli strumenti musicali

Sin dalla notte dei tempi, la musica ha avuto un ruolo quasi magico nelle nostre vite. Non sorprende quindi che attorno a certi strumenti musicali si siano intrecciate leggende oscure, racconti mistici e voci sospese tra realtà e immaginazione. Alcuni strumenti non sono solo oggetti d’arte, ma veri e propri custodi di antichi segreti. Interessante vero? Allora partiamo insieme per questo viaggio nel mistero e sveliamo ciò che si cela dietro gli strumenti musicali più enigmatici della storia.

Il tamburo sacro degli sciamani

In Siberia, Mongolia e nelle culture nordiche, il tamburo sciamanico è molto più che uno strumento a percussione. Secondo la tradizione, è il cavallo dell’anima che trasporta lo sciamano nel mondo degli spiriti. Ogni tamburo viene creato seguendo rituali precisi, spesso con pelli di animali totemici, e si dice che possa parlare, piangere o ridere. I battiti del tamburo guidano la trance, aprendo portali verso altre dimensioni.

La chitarra maledetta di Robert Johnson

La leggenda del bluesman Robert Johnson è una delle più famose della musica americana. Si dice che, in una notte senza luna, abbia incontrato il Diavolo a un incrocio stradale in Mississippi. In cambio della sua anima, ricevette l’abilità di suonare la chitarra come nessun altro. Poco dopo, la sua musica esplose di talento. Ma morì giovane e in circostanze misteriose e la sua chitarra, forse una Gibson L-1, scomparve nel nulla, come dissolta insieme al suo spirito inquieto. Nessuna fotografia, nessuna conferma: solo leggende e silenzi. Come un talismano del blues, quello strumento resta irreperibile, avvolto nel mistero, simbolo eterno di un patto che ha trasformato un uomo qualunque in una leggenda immortale.

Il banjo e gli spiriti del sud

Il banjo, con il suo suono brillante e sincopato, non è soltanto uno strumento musicale: è uno spirito che vibra tra i mondi. Nelle tradizioni afroamericane del Sud, si crede che la sua musica possa aprire varchi invisibili, scacciando presenze oscure o attirando energie benefiche. Alcuni musicisti lo considerano una sorta di amuleto: costruito con materiali naturali, accordato sotto la luna, il banjo diventa parte integrante di riti antichi che sfumano tra magia popolare e fede. In ballate tramandate oralmente, si racconta di banjo che suonano da soli accanto a fuochi spenti, testimoni silenziosi di storie che nessuno osa più raccontare.

Il piano stregato di Broadwood

In Inghilterra, in una villa immersa nella brughiera del Kent, si racconta una leggenda che aleggia ancora tra le sue mura, avvolta nel silenzio e nella nebbia. Il pianoforte, un Broadwood del 1840, si trova ancora nella sala principale della villa, coperto da un telo di velluto consumato, secondo alcuni fu l’ultimo regalo del padre alla giovane musicista, che morì cadendo dalle scale la notte prima del suo debutto a Londra. Da allora, ogni volta che il vento ulula tra le finestre rotte e la pioggia batte sui vetri, qualcuno giura di aver sentito le sue dita danzare sui tasti, accompagnate da un canto flebile, come un lamento d’amore perduto. Alcuni studiosi hanno cercato di registrare il fenomeno, ma le apparecchiature si bloccano, e le registrazioni risultano disturbate da suoni inspiegabili. Il pianoforte Broadwood, testimone silenzioso di un talento spezzato, rimane lì, come in attesa. E la casa, benché disabitata, sembra ancora respirare al ritmo delle sue note.

Il Corno Celtico: la voce degli Dei

Il Carnyx, spesso ornato con teste di cinghiale, serpente o drago, era ben più di un semplice corno da guerra: rappresentava potere, terrore e una connessione profonda con il mondo invisibile. Veniva suonato in posizione verticale, così che il suono si propagasse sopra le teste dei guerrieri, amplificato dalla forma a “S” e dalla campana zoomorfa. Secondo alcune fonti antiche, come Diodoro Siculo e Polibio, il suo suono aspro e penetrante poteva scuotere il campo di battaglia, confondere gli avversari e infondere coraggio ai combattenti celti.

Ma il Carnyx non serviva solo alla guerra. In scene rituali, come quelle raffigurate nel calderone di Gundestrup, lo strumento accompagna cerimonie sacre, forse legate alla rinascita o all’invocazione delle divinità. Alcuni archeologi ipotizzano che il suo suono fosse usato per risvegliare presenze invisibili e trasportare l’anima oltre la soglia del visibile, fungendo da ponte sonoro tra i vivi e gli dèi.
Oggi, grazie a ricostruzioni sperimentali, possiamo ascoltare il suo ruggito ancestrale: un suono che vibra nel petto, come se risvegliasse memorie sepolte nel sangue. Il Carnyx rimane uno dei più affascinanti strumenti della storia antica, testimonianza di un tempo in cui musica, magia e guerra erano un tutt’uno.

L’organo maledetto dell’Abbazia di Lucedio

Nell’Abbazia di Lucedio, incastonata tra le colline nebbiose del Piemonte, si tramanda una leggenda oscura su di un organo antico e uno spartito maledetto. L’organo, scolpito nel legno d’abete e incrostato di polvere sacra, domina la navata con la sua presenza maestosa. Sul suo fronte compare un pentagramma dipinto a mano con inchiostro brunastro, si dice ottenuto mescolando sangue e pigmento. Secondo il racconto, quel brano, se suonato in avanti, ricompone una melodia inquieta che tiene sigillata una presenza demoniaca evocata nei secoli passati dai monaci dell’abbazia. Ma se qualcuno, per errore o per sfida, lo suonasse al contrario, potrebbe spezzare il vincolo e liberare ciò che da tempo attende nel buio.
Le origini della leggenda affondano nei secoli bui, quando i monaci caddero in un vortice di riti oscuri, contaminando le preghiere con l’occulto. Si narra che la Sala Capitolare, con le sue colonne impregnate di umidità, pianga ancora le anime perse, con lacrime che sgorgano silenziose dalle fenditure umide, inspiegabili persino per gli studiosi.
Ancora oggi, chi entra nell’Abbazia riferisce sussurri tra gli archi gotici, lamenti sotto i passi, e un freddo improvviso quando ci si avvicina all’organo. Suggestione? Non lo sappiamo ma…meglio non toccare quei tasti, soprattutto al contrario.

Nel confine sottile tra musica e mistero, ogni strumento racconta più di ciò che suona. Sono reliquie sonore, eco di mondi invisibili, talvolta guardiani silenziosi di leggende dimenticate. Forse non sapremo mai se davvero un tamburo ha aperto portali verso altri mondi o se una melodia ha richiamato spiriti nell’ombra. Ma una cosa è certa: quando le dita toccano le corde, le pelli o i tasti, qualcosa si risveglia. E quel qualcosa, che sia mito o magia, continua a vibrare in ogni nota sospesa nell’aria . Non è solo suono, è memoria. E forse, tra le pieghe del tempo, c’è ancora chi risponde al richiamo.