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La musica dell’Universo

La musica dell'Universo

La musica dell'Universo

L’idea di una “musica dell’universo” ha affascinato l’umanità per millenni. Per secoli, filosofi, scienziati e artisti hanno immaginato che l’universo non fosse solo un luogo di vuoti spaziali e corpi celesti, ma un grande concerto di suoni, vibrazioni e ritmi. Dal filosofo greco Pitagora ai fisici contemporanei, la ricerca di una melodia universale continua ad essere un ponte tra scienza, spiritualità e arte.

E proprio Pitagora fu uno dei primi a intuire un legame tra musica e astronomia, introducendo l’idea dell’armonia delle sfere. Egli immaginava che i pianeti e le stelle, muovendosi nei loro percorsi, producessero delle vibrazioni perfette: un’armonia celeste che il nostro orecchio umano non poteva percepire direttamente ma che poteva intuire attraverso la matematica e la musica. È importante notare che questa concezione non riguardava suoni fisici reali, ma proporzioni armoniche matematiche che, per Pitagora, rispecchiavano una bellezza nascosta e una simmetria perfetta, risuonante in tutte le cose.

Nei secoli successivi, il concetto di “musica dell’universo” ha continuato a ispirare molte teorie. Nel Rinascimento, il filosofo e astronomo Johannes Keplero elaborò ulteriormente l’idea dell’armonia cosmica, spiegando che ogni pianeta, con la sua orbita e il suo movimento, contribuiva a una sorta di sinfonia universale. Nella sua opera “Harmonices Mundi” (1619), Keplero ipotizzò che ogni pianeta “suonasse” una frequenza musicale particolare, in base alla sua distanza dal sole e alle caratteristiche della sua orbita, collegando matematicamente il simbolismo musicale pitagorico con proporzioni precise. Questa visione armonica dell’universo ha attraversato le epoche, influenzando persino artisti e musicisti contemporanei, che spesso cercano di trasmettere nelle loro opere quel senso di vastità e mistero che l’universo ispira.

Con lo sviluppo della fisica moderna, l’idea di una musica dell’universo ha trovato nuove basi scientifiche.
Albert Einstein, nel 1915, sviluppò la teoria della relatività generale, che dimostrava come lo spazio e il tempo fossero “deformabili” e sensibili alle forze gravitazionali. Da questa intuizione sono nate le teorie moderne sulle “onde gravitazionali,” increspature nel tessuto dello spazio-tempo generate da eventi cosmici come la collisione di stelle o buchi neri. Sebbene le onde gravitazionali non siano onde sonore vere e proprie (non si propagano in un mezzo materiale), condividono alcune caratteristiche, come ampiezza e frequenza, che le rendono analoghe alle onde acustiche. Nel 2015, il team LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) riuscì a captare per la prima volta le onde gravitazionali provenienti dalla fusione di due buchi neri, convertendo tali segnali in una traccia sonora udibile per il pubblico. Questo “suono cosmico” è basso e profondo, simile a un ronzio, un riverbero lontano dell’energia cosmica.

La “radiazione cosmica di fondo” (CMB) è una sorta di “eco” del Big Bang, risalente a circa 13,8 miliardi di anni fa, quando l’universo era una massa incandescente in espansione. Questa radiazione, scoperta per caso nel 1965 da Arno Penzias e Robert Wilson, è percepibile come un debole “suono” di fondo, una sorta di rumore bianco cosmico. Anche se non si tratta di un vero suono ma di radiazione elettromagnetica residua, la sua esistenza e le sue variazioni possono essere rappresentate graficamente e convertite in suoni per fini artistici e scientifici, offrendo una rappresentazione simbolica di un universo vibrante e “sonoro.”

Un’altra forma di musica dell’universo proviene dalle “oscillazioni stellari.” Ogni stella, infatti, pulsa in modo costante a causa dei moti interni di gas e plasma. Queste oscillazioni, rilevate attraverso tecniche come l’astrosismologia, creano una sorta di “canto stellare” unico. Gli astronomi hanno scoperto che ogni stella emette una “firma sonora” legata alla sua massa, alla sua età e alla sua composizione chimica, simile a un’impronta digitale acustica. Queste oscillazioni vengono rilevate sotto forma di variazioni di luminosità e tradotte in “suoni” udibili per l’uomo, e il risultato è una serie di frequenze ipnotiche che rievocano il fascino dell’universo.

Numerosi artisti e musicisti contemporanei hanno abbracciato queste scoperte, creando composizioni musicali ispirate ai suoni cosmici. Ad esempio, l’astronoma e musicista Janna Levin ha lavorato alla trasformazione delle onde gravitazionali in musica, mentre artisti come Brian Eno hanno composto brani che riproducono le frequenze e le oscillazioni stellari. Questi lavori si basano su suoni mappati tramite software e non prodotti direttamente dai fenomeni cosmici, evocando comunque il mistero e la bellezza del cosmo e creando una connessione profonda tra l’uomo e l’universo.

La musica dell’universo rimane un’idea affascinante, un incontro tra scienza e immaginazione che alimenta la nostra comprensione del cosmo e del nostro legame con esso. Attraverso le onde gravitazionali, la radiazione cosmica di fondo, le oscillazioni delle stelle e i lavori di artisti contemporanei, possiamo ascoltare una sinfonia che, pur invisibile e silenziosa, riecheggia in tutto ciò che ci circonda, unendo passato, presente e futuro in un’unica, eterna melodia cosmica.